Quali aziende tengono alla nostra privacy online?
Ma come si comportano queste aziende quando le istituzioni governative richiedono i nostri dati personali? Avranno il buonsenso di contattarci per avvisarci della richiesta di tali dati? Quali sono i loro atteggiamenti in caso di utilizzo di questi dati in tribunale?
Probabilmente negli ultimi mesi vi sarete posti spesso domande simili, soprattutto dopo l’esplosione dello scandalo del #Datagate nato dalla pubblicazione di documenti riguardanti il programma #PRISM.
La Electronic Frontier Foundation, che dal 1990 si pone come “guardiano” della liberta di informazione e tutela della privacy su Internet, ogni anno stila il report “Who’s got your back?” con la finalità di dare una risposta a queste domande analizzando vari fattori quali: la privacy policy aziendale, le terms&conditions dei servizi, i report sulla trasparenza sull’utilizzo dei dati, la presenza di eventuali linee guida sulle richieste relative a procedure legali e analizzando anche le azioni intraprese dalle aziende per difendere i diritti dei cittadini in caso di richiesta dei tribunali o enti governativi.
I risultati presentati quest’anno parlano chiaro: #Twitter, #Linkedin e #Dropbox – almeno sulla carta – fanno della trasparenza e il rispetto della riservatezza dei dati del netcitizen il loro cavallo di battaglia, insieme a Google che rientra a buon diritto in questa prima fascia. Da notare come proprio il punto a sfavore di Google sia “Non avvisa gli utenti in caso di richieste da parte di enti governativi”, uno degli elementi dello scandalo portato alla luce da Snowden.
In mezzo troviamo altre aziende prestigiose come #Microsoft, #Tumblr e #Facebook, colpevolmente mediocri e poco attente alle tematiche della privacy online. Facebook guadagna solo 3 stelle su 6: il più importante social network della storia non pubblica report sulla trasparenza. Vi fidate?
Ma la vera sorpresa è il fanalino di coda: #Apple, che insieme a AT&T, Verizon e Amazon si dimostra l’azienda che rivolge minore attenzione alle tematiche della tutela dei dati del consumatore (una sola stella su 6).
Ma come? Proprio Apple? Qualcuno obietterà che il core business di Apple non è quello dei servizi ma la produzione di dispositivi, ma questa obiezione oggi non è più accettabile. Sono numerosi i servizi Apple che fanno leva sul cloud per conservare i dati degli utenti (un nome su tutti: iMessage, attraverso il cui protocollo passano gli SMS inviati da iPhone) e la grande superficialità mostrata dalla società di Cupertino nei confronti di tali tematiche, non può passare inosservata.
Vi lascio con una domanda: in un contesto così poco trasparente, utilizzereste con serenità il lettore di impronte digitali del nuovo iphone 5S?
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